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Se stai cercando informazioni sulla fecondazione assistita, è probabile che tu abbia sentito parlare anche della diagnosi genetica preimpianto (DGP o PGT). Di cosa si tratta? Può essere utile per te? A cosa serve? È una procedura di PMA all’avanguardia che permette di controllare la salute degli embrioni prima del loro trasferimento nell’utero. Aiuta a scegliere quello più adatto, riducendo il rischio di aborto, ma anche e soprattutto di controllare che non sia caratterizzato da specifiche malattie genetiche, di cui magari potresti essere portatrice o portatore. Non è un esame invasivo e, quando eseguito da un embriologo clinico esperto, rappresenta un valido e sicuro alleato nel percorso verso una futura gravidanza, in sicurezza per te ed il tuo bambino. Ecco cosa occorre sapere al riguardo.

Diagnosi genetica preimpianto: cos’è, a cosa serve, dove farla

Diagnosi genetica preimpianto: cos’è

La diagnosi genetica preimpianto è un test che si effettua sugli embrioni allo stadio di blastocisti, ovvero in coltura, tra il 5° e 7° giorno dopo la fecondazione in vitro. Prevede una biopsia di alcune cellule del trofoectoderma – lo strato che formerà la placenta, e dunque non direttamente del futuro bambino, che dunque è preservato da rischi. Tali cellule vengono poi analizzate con tecniche sofisticate per indagare diversi aspetti come nei seguenti casi:

  • PGT-A: è indicativo di uno screening per anomalie cromosomiche (aneuploidie)
  • PGT-M: consiste nella ricerca di mutazioni su un gene specifico (malattie monogeniche)
  • PGT-SR: è un’indagine che riguarda le riorganizzazioni strutturali dei cromosomi.

Solo gli embrioni senza anomalie genetiche vengono trasferiti in utero al momento opportuno. Ciò aumenta le probabilità di impianto, diminuisce il rischio di aborto ed in conseguenza, potenzialmente, riduce i tempi per avere una gravidanza sana e a termine.

Diagnosi genetica preimpianto, a cosa serve?

In quali casi è utile fare la DGP? Quali sono le indicazioni? Non è un test necessario per tutte le coppie, ma è raccomandato in determinate situazioni:

  • Genitori portatori di malattie genetiche, come la fibrosi cistica, la distrofia muscolare, la talassemia, l’emofilia
  • Genitori con anomalie cromosomiche: ad esempio in presenza di traslocazioni ed inversioni
  • Età materna avanzata (> 35–38 anni), data la maggiore probabilità di sviluppo di embrioni aneuploidi
  • Aborti ripetuti o fallimenti precedenti di FIVET: individuare l’embrione più sano, può essere determinante, risolutivo
  • Test di istocompatibilità (HLA), essenziale per valutare la compatibilità tra donatori e riceventi di organi o tessuti. Può essere impiegato nella ricerca di un “bambino donatore”.

La scelta di affrontare o meno la DGP, si effettua previa consulenza medica e test genetici preliminari.

Diagnosi genetica preimpianto: come si fa

Per procedere con la diagnosi genetica preimpianto su un embrione è necessario che questo sia coltivato in vitro, dopo una FIVET o un ICSI, in genere successivi ad una stimolazione ovarica e ad un pick-up ovocitario. Dopo 5-7 giorni dalla fecondazione in provetta, ovvero quando l’embrione ha raggiunto lo stadio di blastocisti, si prelevano alcune cellule dal trofoectoderma. Questa procedura è sicura e non danneggia lo sviluppo embrionale se eseguita da professionisti esperti. Le cellule prelevate vengono analizzate con vari sistemi, a seconda dell’obiettivo diagnostico da raggiungere. In base a questi possono variare anche i tempi per ottenere i risultati: da 24 ore a 3–4 settimane, cosa che può comportare la crioconservazione del blastocista. Solo gli embrioni sani, e dunque valutati come euploidi e privi di patologie vengono poi trasferiti nell’utero della futura mamma. La DGP ha un bassissimo margine di errore, pari allo 0,1–1 % di errori. Per questo si consiglia, dopo l’impianto, una conferma con amniocentesi o villocentesi.

Diagnosi genetica preimpianto: dove farla

In Italia, la DGP, considerata a lungo una procedura controversa, dopo una sentenza della Corte Costituzionale (2015) è stata autorizzata, sebbene esclusivamente per le necessarie e limitate indicazioni sopra descritte. È inoltre necessario rivolgersi esclusivamente a centri qualificati, che abbiano le seguenti caratteristiche:

  • Laboratori genetici specialistici
  • Embriologi e genetisti qualificati
  • Tecnologie moderne (NGS, incubatori trigas, time-lapse)
  • Routine consolidate e dati di successo
  • Certificazioni e autorizzazioni del Ministero della Salute.

Il centro per la fertilità Raprui, diretto dalla Dottoressa Monica Antinori, rappresenta in tal senso un’eccellenza italiana. Garantisce un team integrato di ginecologi, andrologi, embriologi esperti, genetisti clinici e psicologi, per supportare le coppie in ogni fase del percorso di PMA, possiede un laboratorio dotato di tecnologie all’avanguardia che permettono protocolli di cura altamente personalizzati con FIVET, ICSI, biopsia, PGT-A/M/SR, crioconservazione e transfer embrionale mirato. Gli esperti Raprui hanno una vasta esperienza comprovata, non solo in generale nelle procedure di fecondazione assistita, ma anche specificatamente per i casi di malattie genetiche, aborti ricorrenti ed età avanzata. Il tutto con un supporto gentile e rassicurante, attento ai bisogni di ogni coppia ed informazioni chiare sugli iter e le possibilità di successo. Sono tutti aspetti preziosi e fondamentali che bisognerebbe considerare nella scelta di un centro per la fertilità e la necessità eventuale di ricorrere ad una diagnosi genetica preimpianto. Vuoi saperne di più? Prendi un appuntamento con la dottoressa Monica Antinori, clicca qui.

 

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