Il transfer degli embrioni è una delle fasi cruciali della procreazione medicalmente assistita (PMA). Ne è, cioè, il culmine, il momento in cui l’embrione sviluppato in laboratorio viene restituito al corpo della donna per la sua ulteriore crescita, fino a diventare un feto e poi un bambino. Dopo il transfer comunque non è ancora possibile parlare di gravidanza ed effettuare un test che dia esito positivo: occorre aspettare che si annidi, ovvero che penetri nell’endometrio, il rivestimento interno dell’utero per proseguire il suo sviluppo. Ecco cosa occorre sapere al riguardo, tra tempistiche, modalità ed accortezze da seguire per aumentare le possibilità di riuscita.

Transfer embrioni come avviene e quando
Il transfer embrionale o embryo transfer è il passaggio successivo alla fecondazione assistita in laboratorio, ovvero quando un ovulo viene fecondato da uno spermatozoo fuori dal corpo femminile, tramite FIVET o ICSI. Gli ovuli fecondati vengono tenuti in osservazione in una soluzione nutritiva per diversi giorni, da 3 a 5 circa, il tempo necessario al raggiungimento dello stadio di embrione. In questa fase di sviluppo gli stessi vengono valutati dal punto di vista morfologico e genetico, per selezionare quelli di migliore qualità e compatibilità. Il transfer in utero si effettua in anestesia locale o sedazione e dura circa 10-15 minuti. Si tratta di una procedura ambulatoriale, che non richiede il ricovero in ospedale. Il medico inserisce un catetere sottile e flessibile attraverso la cervice uterina e lo posiziona nella cavità uterina dove poi rilascia delicatamente uno o più embrioni: il numero dipende da diversi fattori, tra cui l’età della donna, la qualità degli embrioni, il tipo di tecnica utilizzata. In generale, si consiglia di trasferire un solo embrione di buona qualità o al massimo due, per ridurre il rischio di gravidanze multiple ed i pericoli a queste correlate.
Il transfer dell’embrione può avvenire dopo 3 o 5 giorni dalla fecondazione degli ovuli, a seconda dello stadio di sviluppo degli embrioni. Dopo 3 giorni, si parla di transfer a stadio cleavage, mentre dopo 5 giorni, si definiscono allo stadio di blastocisti. Questi hanno il vantaggio di essere più maturi e quindi più forti: aumentano le probabilità di annidamento e gravidanza a termine. In alcuni casi gli embrioni possono essere crioconservati e quindi trasferiti in un periodo più lontano nel tempo. È il caso ad esempio della produzione di un alto numero di embrioni con la fecondazione in vitro, che si conservano per una futura gravidanza o donazione.
Annidamento in utero: cosa è e quando avviene
L’annidamento in utero è il processo in cui l’embrione si attacca alla parete interna dell’utero, l’endometrio, e inizia a formare la placenta e il cordone ombelicale. È noto anche come impianto dell’embrione. Si tratta di un momento essenziale, cruciale poiché quello in cui ha effettivamente inizio la gravidanza. Si parla di annidamento poiché la blastocisti in un tutt’uno con questo tessuto inizierà a crescere e svilupparsi, protetta e nutrita, proprio come un uovo e poi un uccellino in un nido. Quando avviene dopo il transfer? La tempistica cambia in base allo stadio di sviluppo embrionale. Se si è in fase cleavage, dopo circa 6-10 giorni, mentre se si tratta di una blastocisti dopo circa 4-8 giorni dal transfer. L’impianto in utero in utero è un fenomeno complesso e delicato, che dipende da diversi fattori, tra cui la qualità dell’embrione, la ricettività dell’endometrio, l’equilibrio ormonale e immunitario della donna e l’assenza di ostacoli meccanici o infiammatori nell’utero. Non sempre l’annidamento ha successo: si stima che solo il 30-40% degli embrioni trasferiti riesca ad annidarsi correttamente.
Dopo transfer embrioni, sintomi annidamento
L’impianto può essere accompagnato da alcuni sintomi tipici della gravidanza, come i seguenti:
- Lieve sanguinamento vaginale, o spotting, dovuto alla rottura dei capillari dell’endometrio durante l’attacco dell’embrione. Si manifesta di solito dopo 6-12 giorni dal transfer e dura pochissimo, al massimo 48 -72 ore.
- Un aumento della temperatura basale, ovvero la temperatura corporea al risveglio, dovuto all’azione dell’ormone progesterone, che favorisce l’annidamento e il mantenimento della gravidanza.
- Maggiore sensibilità e volume del seno, dovuto ai cambiamenti ormonali che lo preparano all’allattamento.
- Maggiore stanchezza e sonnolenza, dovute al dispendio energetico richiesto dalla gravidanza e alla produzione di progesterone, che ha un effetto sedativo sul sistema nervoso.
- Maggiore frequenza urinaria, dovuta alla pressione dell’utero in crescita sulla vescica e all’aumento del flusso sanguigno renale. La donna può avvertire il bisogno di urinare più spesso e con più urgenza.
- Eccessiva sensibilità olfattiva e gustativa, dovuta ai cambiamenti ormonali che alterano la percezione degli odori e dei sapori. La donna può avere delle preferenze o delle avversioni alimentari insolite, come il desiderio di cibi salati o acidi o il disgusto per cibi dolci o grassi.
- Maggiore emotività e instabilità d’umore, dovute ai cambiamenti ormonali.
Come è noto, questi sintomi non sono specifici di una gravidanza, poiché possono essere provocati da numerosi altri fattori, ma lasciano ben sperare. L’unico modo per confermare una gravidanza dopo il transfer degli embrioni rimane quello di effettuare un test di gravidanza, che misura il livello dell’ormone beta-hCG nel sangue o nelle urine. In genere si può eseguire dopo circa due settimane dal transfer, quando il livello dell’ormone è sufficientemente alto da essere rilevato.
Dopo transfer embrioni: quali accortezze consigliano gli esperti?
Dopo il transfer degli embrioni, la donna deve seguire alcune accortezze per favorire l’annidamento e il mantenimento della gravidanza. Tra queste possiamo citare:
- Continuare la terapia ormonale prescritta dal medico, che serve a sostenere la funzione ovarica e l’endometrio. Solitamente si tratta di assumere progesterone per via vaginale o iniettabile e di estrogeni per via orale o transdermica. La terapia ormonale va portata avanti fino al termine del primo trimestre di gravidanza o fino all’esito negativo del test di gravidanza.
- Evitare sforzi fisici intensi o prolungati, che possono causare contrazioni uterine o alterazioni della circolazione sanguigna nell’utero. Si consiglia di riposare il più possibile nei primi giorni dopo il transfer e di evitare attività sportive faticose o traumatiche. Si possono invece praticare attività fisiche leggere e rilassanti, come il camminare, lo stretching o lo yoga.
- Evitare rapporti sessuali completi o penetrazione vaginale, che possono provocare irritazioni o infezioni a livello cervicale o uterino.
Per il resto si può riprendere tranquillamente la propria vita sociale e professionale.
Transfer embrioni: perché scegliere la dottoressa Monica Antinori
La scelta del medico per la procedura di transfer degli embrioni è molto importante ed ha origine il più delle volte con l’inizio del percorso di fecondazione assistita. La dottoressa Monica Antinori emerge come una scelta eccezionale in tale contesto per molte ragioni. È una rinomata ed esperta specialista in medicina riproduttiva, direttore del centro per la fertilità Raprui. La sua competenza si avvale di un costante studio e di un impegno importante mirati alla ricerca e all’innovazione tecnologica da applicare nei percorsi di PMA, per aiutare le coppie a realizzare il sogno di avere un bambino. A contraddistinguerla, come da testimonianze, anche la sua sensibilità. La dottoressa Antinori, infatti, dimostra quotidianamente di comprendere le sfide emotive legate alla fertilità e offre un sostegno empatico ai suoi pazienti durante l’intero percorso. Infine, da sottolineare la sua grande esperienza in materia di diagnostica, ma anche per gli elevati tassi di successo nelle procedure di transfer degli embrioni e nell’annidamento. È una delle massime autorità nel campo della PMA ed è sempre a disposizione per visite e consulenze. Qui i suoi contatti.


